Marina Cvetaeva - poetessa russa

Marina Cvetaeva: una poetica di “conflitto”

Tutti i poeti sono ebrei.

Marina Cvetaveva

Marina Cvetaeva (n.d.r. Tsvetaeva nella traslitterazione angolossassone), forse più di ogni altro poeta russo del Novecento, è il simbolo del conflitto tra individuo e collettività, tra sfera privata e repressione di una società totalitaria. Sentimenti e risentimenti.

Nata a Mosca (1892) in una famiglia in cui gli stimoli culturali erano sempre presenti (sua madre era un’ottima pianista e suo padre uno storico dell’arte), pubblicò a proprie spese un suo libro di poesie quando frequentava ancora il liceo. Ma gli eventi, o meglio la Storia, avranno la meglio sulla ‘sempreverde’ natura della giovane moscovita.

Come spostando pietre,
geme ogni giuntura!
Riconosco l’amore dal dolore
lungo tutto il corpo. 

Indizi

Sono versi tratti dalla poesia “Indizi”. Cvetaeva scrisse negli anni più bui dello stalinismo.

Dopo Praga e Berlino: Parigi

Emigrata nella capitale francese, incontrò artisti italiani, scrittori tedeschi, musicisti russi. Parigi, calamita per ogni uomo libero, mentre in Russia i “delatori” e i “nemici del popolo” venivano fucilati dalla Ceka, la temibile, terribile polizia segreta di Stalin, e mentre in Germania e in Italia si affermavano e si consolidavano le camicie brune e le camicie nere di Hitler e Mussolini.

A Parigi seppe del suicidio di Majakowskij, il poeta al quale Marina Cvetaeva si era sentita molto vicina e che (al pari di quanto avrebbe fatto a Torino Cesare Pavese, nel 1950) scrisse nel suo biglietto di addio: “per favore non fate pettegolezzi”.

In Russia

Tornata in Russia, Cvetaeva si rese conto che molti circoli letterari erano stati sciolti e che molti suoi amici erano scomparsi nei Gulag siberiani.  Sola, disperata, Marina apprende della fucilazione del marito (che, per l’NKVD, aveva anche l’“aggravante” di essere ebreo…) ma ritrova l’amicizia di Boris Pasternak che l’aveva sempre ammirata, scrivendo un giorno:

“Quando ho letto per la prima volta i versi della Cvetaeva sono rimasto senza respiro per l’abisso di purezza e forza che si spalanca.”

Giacché – bando a parole
sontuose – l’amore è sutura,
non benda. Non scudo – sutura.
Ah, non chiedere aiuto!
È lo stesso filo che inchioda i morti
alla terra, il punto che mi lega a te…

Poema della fine

E qui, dopo questi versi tratti dalla poesia “Poema della fine”, Cvetaeva parla di un “vento di esecuzioni capitali”.

La sua poesia ci rivela le contraddizioni e l’impeto di una vita vissuta in una sorta di disordine “cosmico”: familiare, letterario, erotico, domestico, politico. In ogni ambito, Marina dà il massimo di sé.

La malattia e la morte di una sua figlia, la lontananza dal marito espatriato e poi, tornato in Russia, arrestato e fucilato, l’ostracismo degli esuli russi a Berlino, Praga e Parigi e quello ben peggiore che si troverà una volta tornata in patria.

Non le viene più offerto alcun lavoro e la miseria che conosce a Mosca sarà solo l’anticamera della sua tragica fine. Nel 1941, a 49 anni, si trasferisce a Elabuga trovando alloggio in una misera abitazione dove, pochi giorni dopo il suo arrivo, si ucciderà impiccandosi ad una trave.

Note di Redazione

Scrive Calandrone nella sua raccolta:

Il suo corpo è gettato in una fossa comune. Il corpo di una donna che non hai mai davvero creduto al corpo, ma che ha voluto abbandonare il corpo a causa di una solitudine e di una miseria troppo reali e nere perché la sua anima potesse reggerli.

Versi di libertà

Inoltre, la scrittrice ricorda anche i lavori in prosa di Marina come “Il poeta e il tempo”, dove distingue i poeti “con e senza storia”, ispirando la futura critica letteraria. E del resto, l’interesse di descrivere la poesia, provare a dare una definizione del ruolo del poeta, viene inserito nella poesia stessa, come ad esempio quella che segue.

I versi crescono, come le stelle

I versi crescono, come le stelle,
Come le rose, e come la bellezza:
Inutile in famiglia.
E per le apoteosi e le corone,
una sola risposta: donde mi viene ciò?
Dormiamo; ed ecco,
Attraverso le lastre di pietra,
Il sublime ospite dai quattro petali.
Capisci! O mondo:
Il poeta, scopre, nel sonno, la legge
Della stella e la formula del fiore.

Traduzione di Sergio Baldelli

Bibliografia

Versi di Libertà, trenta poetesse da tutto il mondo, Maria Grazia Calandrone

Poetesse russe, un'antologia 1800-1950, Sergio Baldelli

Marina Cvetaeva, Poesie (a cura di Pietro Zveteremich), Feltrinelli 1979

Marina Cvetaeva, Indizi terrestri (a cura di Serena Vitale), trad. Luciana Montagnani, Milano, Guanda 1980

Marina Cvetaeva, Dopo la Russia e altri versi (a cura di Serena Vitale), Milano Mondadori, 1988

Marina Cvetaeva, Il paese dell'anima: lettere 1909-1925 (a cura di Serena Vitale), Adelphi 1988

Marina Cvetaeva, Deserti luoghi: lettere 1925-1941 (a cura di Serena Vitale), Adelphi 1989

Marina Cvetaeva. L'eterna ribelle, Henri Troyat

La storia di Marina. Romanzo verità su Marina Cvetaeva (1892-1941) Condividi
di Dominique Desanti

Articolo scritto dalla poetessa Rita Bonetti 

Voci di Poetesse

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